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"Il Libro di Giobbe tutto intero è il nome divino". Il vertice, infatti, dell'itinerario non è la soluzione di una questione umana, ma è nel "vedere Dio con i miei occhi" rifiutando tutto il "sentito dire" (42, 5). Per questo il messaggio dell'opera, anche se si snoda dall'intreccio tra l'uomo, il mondo, il male, la società e Dio, ha come meta ultima Dio, la sua parola, la sua teofania, la sua contemplazione, il suo mistero. La questione centrale dell'opera non è il male di vivere, ma come poter credere e in quale Dio credere nonostante l'assurdo della vita.

Un proprietario che non vuole cedere alle lusinghe del profitto e resiste, a oltranza, convinto che l'integrità naturale della terra costituisca il valore assoluto. Ma la dinamica delle trasformazioni sociali ed economiche, insieme al gioco delle rivalità, arriva a piegare la determinazione dell'individuo.

Una raccolta di 5 novelle scritte da Aleksandr Puškin a Bòldino nel 1830 e pubblicate nel 1831. Nell'introduzione all'opera, Puškin finge di essere l'editore delle novelle che Ivan Petrovic Belkin, un negligente possidente terriero, ha udite da varie persone e messe per iscritto. Ad ogni novella è premessa una citazione tratta da opere di autori esclusivamente russi, secondo un procedimento molto usato da Puškin: ogni citazione si ricollega per affinità tematica alla novella o fa da contrappunto.

La calda estate di Milano è opprimente, così come i pensieri di Marco costretto a una vita monotona e ripetitiva, fatta di routine e di responsabilità verso gli altri ma anche verso sé stesso. Francesca è lontana e in un momento di umana debolezza Marco coglie l’occasione per assaporare il gusto di trasgredire alle convenzioni che l’educazione e la moralità apparente gli hanno imposto per trentatre anni.

Paradossale? Surreale? Distopico? Probabilmente sì. Tutto quello che non è conforme alle regole ci appare eccezionale oppure reietto. E’ difficile accettare di convivere con quello che consideriamo diverso da noi in un modus sociale che, pur imponendo dei canoni stereotipati, ci sottopone periodicamente e con sempre maggior intensità a qualcosa di diverso, forse proprio per essere giudicato, senza rendersi conto che un giorno potrebbero essere quelli che oggi consideriamo diversi a giudicare noi.